giovedì 13 ottobre 2011

RAFFAELLA GIARDINI




RAFFAELLA GIARDINI

Nata a Valdobbiadene, ha frequentato gli studi artistici a Venezia, prima al Liceo artistico, poi presso l’Istituto Universitario di Architettura. Insegna “ Arte e immagine” nella scuola secondaria di 1° grado di Col. S. Martino ( Tv ), ha partecipato a mostre collettive e personali

MOSTRE

2009 - Personale"Treviso in Polaroid" alla Galleria Web Art, Treviso
2009 - Museo Santa Caterina
2009 - 5°MOSTRA ARTE IN FIERA - Longarone Belluno
2010 - Premiata con diploma d'onore alla BIENNALE INTERNAZIONALE D'ARTE DI ASOLO Treviso
2010 - Personale, presso la Sala Duse all'Asolo Golf a Cavaso del Tomba Treviso, presentata dalla dott/ssa Irene Carnio.
20010 - 6° MOSTRA ARTE IN FIERA - Longarone Belluno


LA TREVISO NOVECENTESCA E CREPUSCOLARE DI RAFFAELLA GIARDINI


Sull’immagine Treviso ha pesato il giudizio del regista Pietro Germi espresso in “Signore e Signori”. Ricordate? Il film scherniva i bigottismi e le ipocrisie della città tanto democristiana quanto peccaminosa. E prontamente schiere di giornalisti petulanti o pigri hanno perpetuato questa immagine. Si è costituito così un luogo comune, che Raffaella Giardini non ha mai praticato, non per snobismo, ma perché sempre intenta a percepire le cose da sé, con i propri occhi e con la propria cultura. Guardiamo la Treviso della Giardini. Le fotografie si possono dividere in due gruppi: il primo si definirebbe novecentesco, il secondo gozzaniano-crepuscolare. Nel primo gruppo la Giardini mescola il simbolo della città, Piazza dei Signori, gli ottusi e ieratici manichini dei negozi e i brandelli dei manifesti. Una foto in particolare ricorda le atmosfere di De Chirico, con manichini e palazzi immersi in una atmosfera da day after. Nel centro campeggia un manichino in tubino nero e perle finte, eterno omaggio ad Audrey Hepburn ed eterna divisa per signore, adatta in tutti i tempi, in tutti i luoghi e a tutte le taglie. A destra compaiono brandelli incollati e strappati di manifesti. Mesce la Giardini, con grazia profanatrice e senza sussiego accademico, la moda e la posa, la metafisica e la storia, i brani di Mimmo Rotella, che sono poi brani di vita, fatta di strappi, pezze, rappezzamenti e pezze ai calzoni (seppur metafisiche).
Nel secondo gruppo compare un’immagine crepuscolare di Treviso. Tarda, lenta, sonnolenta nell’ora meridiana o vespertina, popolata di scarse e discrete presenze, fugaci come un ricordo, come un fantasma del passato. Non una macchina, non un vigile (neanche indulgente!) turbano la pace di questa Treviso da stampa antica: un po’ vecchiotta forse, provinciale, ma dove la vita è dolce, senza foga, piena di cose da godere piccole e serene. Alcune fotografie presentano delle scrostature simili a quelle degli affreschi, invasi dal tempo e dimenticati dagli uomini. Una linea ondulata, nera, a metà tra una combustione di Burri e le linee serpentine dell’art nouveau, le incornicia tutte.
Dopo le molte peripezie pericolose, dopo le molte riflessioni inutili, alla fine del romanzo di Voltaire, Candido conclude: “Bisogna coltivare il proprio giardino”. La Giardini ha praticato questo precetto, e bene, proteggendo le sue piante da insetti, parassiti e germi vari. Dati gli esiti le siamo profondamente grati.

Irene Carnio

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